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8^ DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (B)

 

1^ Lettura (Os 2, 16. 17. 21-22)

Dal libro del profeta Osea.

Così dice il Signore:

"Ecco, la attirerò a me, la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore. Là canterà come nei giorni della sua giovinezza, come quando uscì dal paese d'Egitto. Ti farò mia sposa per sempre, ti farò mia sposa nella giustizia e nel diritto, nella benevolenza e nell'amore, ti fidanzerò con me nella fedeltà e tu conoscerai il Signore."

 

2^ Lettura (2 Cor 3, 1-6)

Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi.

Fratelli, forse abbiamo bisogno, come altri, di lettere di raccomandazione per voi o da parte vostra? La nostra lettera siete voi, lettera scritta nei nostri cuori, conosciuta e letta da tutti gli uomini. E’ noto infatti che voi siete una lettera di Cristo composta da noi, scritta non con inchiostro, ma con lo Spirito del Dio vivente, non su tavole di pietra, ma sulle tavole di carne dei vostri cuori. Questa è la fiducia che abbiamo per mezzo di Cristo, davanti a Dio. Non però che da noi stessi siamo capaci di pensare qualcosa come proveniente da noi, ma la nostra capacità viene da Dio, che ci ha resi ministri adatti di una Nuova Alleanza, non della lettera ma dello Spirito; perché la lettera uccide, lo Spirito da  vita.

 

Vangelo (Mc 2, 18-22)

Dal vangelo secondo Marco.

In quel tempo, i discepoli di Giovanni e i farisei stavano facendo un digiuno. Si recarono allora da Gesù e gli dissero: "Perché i discepoli di Giovanni e i discepoli dei farisei digiunano, mentre i tuoi discepoli non digiunano?". Gesù disse loro: "Possono forse digiunare gli invitati a nozze quando lo sposo è con loro? Finché hanno lo sposo con loro, non possono digiunare. Ma verranno i giorni in cui sarà loro tolto lo sposo e allora digiuneranno. Nessuno cuce una toppa di panno grezzo su un vestito vecchio; altrimenti il rattoppo nuovo squarcia il vecchio e si forma uno strappo peggiore. E nessuno versa vino nuovo in otri vecchi, altrimenti il vino spaccherà gli otri e si perdono vino e otri, ma vino nuovo in otri nuovi".

 

RIFLESSIONE

 

Quando Maria era andata al Tempio per la presentazione di Gesù, bene aveva profetato il vecchio Simeone dicendo che questo Bambino sarebbe stato segno di contraddizione. Il Vangelo, la persona di Gesù non sono innocui, anzi, guai a chi li rende tali: è il peggior tradimento che si possa fare alla Parola. San Marco raccoglie ben cinque ‘controversie’ o opposizioni a Gesù. Domenica scorsa abbiamo visto gli scribi che non solo non riconoscono in Gesù il Messia, ma non riescono neanche a comprendere una guarigione e una liberazione dal peccato e accusano Gesù di essere un bestemmiatore. Nel Vangelo di oggi vediamo persone per bene, come i discepoli di Giovanni e i farisei, scandalizzati per il comportamento dei discepoli di Gesù che non sono troppo ‘seriosi’ e soprattutto non digiunano. Prima di addentrarci a cercar di cogliere ciò che Gesù vuole dirci oggi con questa pagina, è bene cercar di capire qualcosa di più sul digiuno in quanto, anche noi, tra non più di due settimane, con l’inizio della Quaresima ci sentiremo proporre come opere penitenziali, insieme alla preghiera e all’elemosina, proprio il digiuno. Nella legge ebraica era prescritto un solo digiuno, quello del giorno dell’Espiazione come segno di pentimento e di richiesta di perdono. Potevano poi essere fatti digiuni come segno di partecipazione davanti a qualche evento luttuoso o per prepararsi a qualche festa. Probabilmente i discepoli di Giovanni digiunavano perché il loro maestro era stato arrestato o ucciso. I Farisei, invece, quali splendidi eroi della loro religione, con la solita esagerazione degli esaltati, digiunavano due volte alla settimana. A queste persone ‘affamate’ sta stretto vedere altri che fanno festa, ai volti emaciati fanno scandalo i volti gioiosi. Che cosa risponde Gesù? Rifacendosi alla tradizione ebraica che vedeva (lo abbiamo anche sentito nella prima lettura) la venuta del Messia come compimento dello sposalizio definitivo tra Dio e il suo popolo, dice che "finché c’è lo sposo non si può digiunare". Afferma dunque la sua messianicità nel pieno senso dell’Antico Testamento: la venuta del Messia è la gioia più profonda del popolo. I discepoli digiuneranno quando Gesù sarà morto. Ma questo durerà solo tre giorni perché poi lo sposo risorge. Ed anche adesso "lo sposo non ci è tolto" perché Gesù ci ha assicurato: "Io sono con voi tutti i giorni", "Dove due o tre sono riuniti nel mio nome Io sono in mezzo a loro", "Questo è il mio corpo… Fate questo in memoria di me", "Io ho fame e tu mi dai da mangiare…". Possiamo allora essere nella tristezza? Certo, cose tristi e difficili nella vita ce ne sono tante, ma lo sposo è con noi, ci parla di speranza, di giustizia, di verità, di risurrezione, di vita, la sua mano è su di noi per darci il perdono, la sua croce ci dà forza nelle prove, la sua parola è nuova tutti i giorni! E il digiuno? Permettetemi una battuta che poi cercherò di spiegare; il digiuno lasciamolo fare a chi vuol fare la dieta dimagrante! Non nel senso che il digiuno non possa avere una valenza religiosa, ma nel senso che se diventa tristezza, ascesi fatta per dovere, per comprarci Dio, o, peggio ancora, per farsi vedere dagli altri, è meglio mangiare in santa pace. Certo, se digiuni volontariamente per far parte delle tue cose, per condividerle con chi è obbligato al digiuno quotidiano, fai bene; se digiuni per aiutarti a capire che il fine di tutto non è solo la soddisfazione materiale di tutti i piaceri, può essere utile per te, se no, che piacere può fare a Dio vedere uno soffrire la fame quando Lui stesso ci ha dato la natura con tutti i suoi doni? E’ ora di smetterla con certa religiosità che fa consistere la bontà o meno di una vita a seconda della sofferenza che uno ha patito. E’ ora di smetterla di dipingere Dio come un sadico che si accontenta e si placa solo quando vede le sofferenze dei suoi figli. E’ ora di smetterla con una religione cupa, piatta, pesante e pedante, con una predicazione fatta di dito sempre puntato contro tutto e tutti, di spauracchi e di punizioni imminenti, con celebrazioni ripetitive, non convinte, non partecipate ma vissute solo per "obbligo". E’ ora di riscoprire un Chiesa come luogo di misericordia e di umanità. E’ ora di sentirci proporre il Cristianesimo come gioia e non come somma di decreti, pratiche, osservanze, codici, statuti. E’ ora di riscoprire la dignità e la priorità di una coscienza informata e formata che guida alla libertà (avete sentito San Paolo: "La lettera uccide, lo Spirito dà vita"). E’ ora di riscoprire il proprio ruolo non semplicemente di sudditanza in una ben congegnata piramide di poteri religiosi. Ecco la novità di Cristo, il vino spumeggiante che se non stai attento manda in frantumi le vecchie botti sgangherate che a mala pena possono andare bene per l’aceto. Anche oggi c’è gente che digiuna invece di mangiare, che mastica parole e parole e non sa gustare con semplicità la gioia del banchetto di Cristo. Sovente, in parrocchia, facevo questa esperienza. Mentre magari venivano lette pagine meravigliose della Bibbia in cui si parla di liberazione, di perdono, dall’alto dell’altare lasciavo che il mio sguardo incontrasse il volto dei fedeli. Conoscendoli quasi uno per uno sapevo che c’erano volti segnati da sofferenze e dolore e li rispettavo, ma quanti altri volti amorfi, tristi, spesso gente chiusa in se stessa, o credenti che pensano che per essere tali bisogna essere sempre ingessati in un volto serio e triste. Dov’è la novità di Cristo? Sembra che non solo non si sia cercato di cucire una toppa nuova sul vestito vecchio, ma che si ami proprio il vestito logoro, cercando magari di rivoltarlo con penosi risultati. E che dire poi, di quelli che per moda religiosa, si mascherano di nuovo, ma tengono ben stretto il vestito vecchio? Mi hanno sempre fatto difficoltà preti e laici che si rivestono di giovanilismi, che si riempiono la bocca delle ultime teologie senza conoscerle e approfondirle, che a parole sono rivoluzionari e che poi scopri untuosi con il potere, incapaci di accoglienza e di perdono, vecchi di mentalità e il vecchio non può avanzare la pretesa di utilizzare qualche scampolo di novità per mascherare le crepe e assicurarsi un po‘ di sopravvivenza. La novità del Cristo comporta una mentalità nuova. A questo dobbiamo convertirci. Le vecchie strade non servono più. Ce lo siamo già detti tante volte ma domandiamocelo ancora: se un non credente vedesse la mia faccia e il mio operare in tutte le situazioni belle e brutte della mia vita, scoprirebbe il vuoto assoluto, la maschera della tradizione o il volto vero di Cristo?

 

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